La migrazione sanitaria in oncologia: un’analisi socio-economica

Nel 2020 nell’ambito delle iniziative del Gruppo di Associazioni Pazienti “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” è stato promosso un focus sull’attività di ricovero dei pazienti oncologici, e specificatamente sul fenomeno della mobilità extraregionale di questi pazienti.

L’indagine è stata realizzata dal C.R.E.A. Sanità – Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità che ha analizzato il fenomeno nella sua dinamica nel periodo 2010-2018, con l’obiettivo di analizzarlo a livello nazionale e regionale e di misurarne il suo impatto organizzativo ed economico.

Mobilità per patologie oncologiche: entità del fenomeno

Oltre 67.000 dei ricoveri ospedalieri per tumore, nel 2018, sono stati effettuati in mobilità passiva, ovvero con una migrazione dei pazienti dalla loro città di residenza abituale: il 9,5% di tutti i ricoveri oncologici e oncoematologici, percentuale che scende all’8,5% se si considera solo la mobilità extraregionale e non quella cosiddetta “di prossimità” (è stato considerato in mobilità passiva il paziente che si ricovera in una Regione diversa da quella di residenza, ma solo se la distanza tra la provincia di residenza e quella di ricovero supera i 100 km).

  • Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Lazio sono le Regioni dalle quali i pazienti con tumore si spostano maggiormente: oltre la metà dei ricoveri extraregionali proviene da queste 5 Regioni.
  • A guidare la classifica delle Regioni che accolgono più pazienti extraregionali, Lombardia, lo stesso Lazio, Emilia-Romagna e Veneto, nelle quali vengono effettuati il 60% dei ricoveri per tumore in mobilità passiva.

Le ragioni della mobilità

Il 45,5% (30.060 ricoveri) della casistica oncologica in mobilità si concentra su 20 diagnosi: prevalentemente discipline urologiche, epatiche ed endocrinologiche, con variabilità importanti a livello regionale. A meno di alcune eccezioni riscontrate prevalentemente nelle Regioni di piccole dimensioni, si tratta prevalentemente di una mobilità verso Istituti di ricovero di alta specializzazione (IRCCS oncologici, Istituti oncologici di rilievo nazionale – INT, IEO –, policlinici universitari).

Chi va a curarsi fuori Regione?

SI verifica un maggior ricorso alla mobilità da parte dei pazienti con un livello di istruzione maggiore, e quindi presumibilmente con maggior reddito, suggerendo il permanere di una disparità di opportunità legata al censo.

L’impatto finanziario

In termini economici la mobilità passiva incide da un minimo del 3,2% del finanziamento regionale della Lombardia ad un massimo del 40,9% del Molise. In altri termini una Regione come il Molise “perde” oltre il 40% del proprio finanziamento nel campo dell’oncologia. Da notare che tutte le Regioni del Sud perdono, esclusa la Sardegna (9,0%), oltre il 13% del finanziamento per l’oncologia, di cui 3, Basilicata, Calabria e Molise, più del 30%.

Per quelle del Nord, esclusa la P.A. di Trento, la perdita finanziaria dovuta alla mobilità passiva per tumore è più che compensata dall’attiva: il saldo di mobilità oscilla da un valore massimo pari a € 87,8 mln. della Lombardia ad uno minimo di -€ 52,1 mln. della Campania. Solo un terzo delle Regioni, Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Umbria e P.A. di Bolzano presentano un saldo positivo di mobilità per tumore.

Di contro tutto il Sud soffre di esborsi per la mobilità oncologica particolarmente rilevanti, che complessivamente sommano circa € 160 mln.