DOCUMENTO PROGRAMMATICO

  1. LO SCENARIO EPIDEMIOLOGICO

In Italia vengono diagnosticati ogni giorno oltre 1.000 nuovi casi di neoplasia a carico di organi solidi o del sangue e del tessuto emopoietico[1]. Più di 30.000 famiglie ogni mese si trovano ad affrontare il problema di una malattia ancora drammatica in termini psicologici e sociali. Esse andranno ad incrementare il numero di famiglie che convivono con gli oltre 3 milioni di persone che hanno conosciuto la malattia[2]. L’attesa è che questa moltitudine, circa un italiano su 20, aumenterà ad un ritmo di circa il 3% ogni anno[2]. Circa un decesso su tre in Italia è dovuto a tumore[3].

Il controllo della patologia tumorale per diagnosi, cura e riabilitazione richiede al sistema sanitario ogni anno sempre maggiori risorse tanto che rappresenta un problema di generale rilevanza economica[4]. In Europa la durata della sopravvivenza per tumore è molto dipendente dal livello della spesa sanitaria. Infatti nello scorso decennio i Paesi europei che hanno conosciuto i più importanti progressi in termini di sopravvivenza, dopo la malattia, sono proprio quelli che hanno investito maggiori risorse di PIL per la spesa sanitaria[5].

L’approccio alle malattie oncologiche è orientato al trattamento delle fasi acute e l’Italia in tal senso è ai primi posti in Europa: la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per l’insieme dei tumori infatti è quasi il 60%[5]. Il cancro è però, grazie ai progressi della scienza, da anni una malattia cronica[1].

Un’altra evidente peculiarità del sistema italiano è rappresentata dalla disparità nell’assistenza ai pazienti oncologici che si osserva tra le regioni e che produce esiti differenti tra le varie popolazioni facendo registrare, ad esempio, negli ultimi anni una diminuzione dei tassi di mortalità standardizzati, in maniera molto più evidente al Centro-Nord rispetto al Sud[3].

Tale tendenza riguarda anche la sopravvivenza che al Sud, per l’insieme dei tumori nei due sessi, è minore rispetto al Centro-Nord[6]. Poiché la sopravvivenza nel tumore dipende, oltre che dalla storia naturale di ciascuna patologia, dall’efficacia dei trattamenti, è molto condizionata dalla tempestività della diagnosi e dalla qualità e tempestività dei percorsi di cura[7].

Le differenze che si osservano sono la spia di un deficit assistenziale nelle regioni meridionali che si aggiunge alla minore speranza di vita generale che pure si osserva nelle regioni del Sud quale epifenomeno delle condizioni di maggiore svantaggio socio economico di quest’area[8].

Negli ultimi anni, la situazione mostra il permanere o addirittura l’accrescersi dei fenomeni disparità in conseguenza della crisi economica e dei tagli alla spesa sanitaria che i piani di rientro dal debito hanno inflitto a molte Regioni, soprattutto del Sud. Inoltre l’autonomia delle Regioni, pressoché completa in campo sanitario nell’ultimo decennio, in assenza di meccanismi efficaci di salvaguardia che richiamino il diritto alla salute per tutti, ha contribuito ad accentuare le differenze, acuendo lo svantaggio delle popolazioni con minori capacità di reddito.

 

  1. LO SCENARIO NORMATIVO

Nel corso degli ultimi anni, a livello nazionale, sono stati varati importanti provvedimenti di indirizzo e programmazione sanitaria per contrastare e prevenire le patologie oncologiche e, tra questi, meritano particolare menzione il Piano Oncologico Nazionale e il programma ministeriale “Guadagnare salute, rendere facili le scelte salutari” (redatto nel 2006).

  1. Il Documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro 2011-2013

Il Documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro 2011-2013 (in seguito chiamato PON – Piano Oncologico Nazionale) rappresenta, sicuramente, un contributo di apprezzabile livello tecnico programmatico che, oltre a descrivere l’epidemiologia delle patologie neoplastiche in Italia, ha indicato le azioni programmatiche da intraprendere per la prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle patologie oncologiche alla luce delle più moderne conoscenze.

Nel documento sono illustrate, in dettaglio, le azioni programmatiche nei seguenti ambiti:

  • prevenzione universale primaria (stili di vita e salubrità dell’ambiente);
  • prevenzione secondaria attraverso l’ampliamento dell’adesione ai programmi di screening;
  • definizione del percorso del malato oncologico e delle reti assistenziali.

L’insieme delle azioni programmatiche indicate nel PON avrebbe dovuto indurre le Regioni ad adottare iniziative per realizzare un’organizzazione dell’assistenza oncologica improntata: all’integrazione multidisciplinare tra servizi ospedalieri e territoriali, allo sviluppo e diffusione in ogni area geografica dei programmi di screening, ad una globale presa in carico dei pazienti e delle famiglie assicurando la continuità assistenziale e Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) efficaci e tempestivi. Tale impulso al miglioramento dell’assistenza oncologica avrebbe potuto, nel tempo, contribuire alla riduzione dell’incidenza e della mortalità, al prolungamento della sopravvivenza attenuando il divario tra le popolazioni residenti nelle varie aree geografiche del Paese.

Purtroppo, valutando dati e informazioni disponibili relative ad alcune delle azioni programmatiche contenute nel PON, è evidente che solo parzialmente quelle azioni siano state avviate e quanto realizzato risulta non omogeneamente distribuito tra le varie regioni italiane. Di fatto l’attuazione molto parziale e disomogenea delle indicazioni di programmazione ha prodotto ulteriori differenze di qualità nell’assistenza oncologica tra le varie regioni italiane accentuando le disparità Nord-Sud, sia negli esiti (mortalità, incidenza, sopravvivenza), che nell’accessibilità ai servizi. Questi insoddisfacenti risultati sono, in parte, da mettere in relazione alla totale assenza, nel PON 2011-2013, di specifici obiettivi, misurabili attraverso predefiniti indicatori, che le Regioni avrebbero dovuto raggiungere, almeno per le azioni programmate di maggiore impatto sulla qualità dell’assistenza oncologica.

  1. Guadagnare salute, rendere facili le scelte salutari

Guadagnare salute è un programma non specificatamente indirizzato all’ambito oncologico ma globalmente orientato al contenimento delle malattie cronico-degenerative, tra cui il cancro, che caratterizzano le nostre società industriali e postindustriali.

Il programma Guadagnare salute è centrato su quattro fattori di rischio che rappresentano cardini dello stile di vita tutt’ora centrali per promuovere la salute e contrastare il cancro:

  • promuovere uno stile alimentare salutare;
  • promuovere l’attività fisica;
  • eliminare il fumo di sigarette;
  • ridurre il consumo di alcool.

Il programma accompagnava il Piano Nazionale della Prevenzione, ed enfatizzava due aspetti rilevanti per il successo nelle politiche preventive:

  • l’aspetto della comunicazione per la salute;
  • il coinvolgimento intersettoriale, tra più Ministeri, Istituzioni e varie articolazioni dello Stato con lo scopo di promuovere la salute mediante la modifica di comportamenti individuali e           degli stili di vita. Obiettivi non raggiungibili senza un’ampia diffusione di elementi di          conoscenza sui rischi per la salute dei quattro fattori sopracitati.

Agire sul terreno della prevenzione primaria modificando comportamenti e stili di vita non solo ridurrà la sofferenza per molte persone che eviteranno la malattia – si stima che se riuscissimo ad eliminare i fattori di rischio noti associati all’incidenza dei tumori, potremmo ridurre il numero di nuovi casi di circa il 40-50%[9] liberando ingenti risorse da utilizzare per rispondere ai crescenti bisogni di cronicità.

Senza nulla togliere ai 4 determinanti di salute suesposti, che attengono alla sfera dei comportamenti individuali, ci sembra che Guadagnare salute dovrebbe essere interpretato in un’accezione più ampia. Infatti sono, ormai, numerosi i dati relativi alla importanza di fattori sociali e diffusi con valenze politiche ed economiche, che influendo sull’ambiente sono responsabili di danni alla salute, in particolare malattie croniche come le neoplasie. Ci si riferisce, a titolo esemplificativo, a:

  • inquinamento atmosferico (in particolare polveri sottili)[10-11];
  • radiazioni nucleari, ionizzanti e non ionizzanti[12];
  • virus oncogeni[13] ;
  • territori con ambiente inquinato da insediamenti di tipologia diversa (industriali, portuali, discariche, inceneritori RSU, ecc.)[14].

Nel caso di questa seconda serie di determinanti, pur rimanendo sempre importanti l’informazione e la comunicazione del rischio, diventa assolutamente prioritario che le Istituzioni, ai vari livelli specifici di competenza, intervengano con prescrizioni più restrittive, controlli più cogenti, interventi di bonifica dei territori e scelte di sviluppo economico e imprenditoriale che sappiano coniugare le esigenze di crescita economica ed occupazionale nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini.

  1. LE AZIONI PROPOSTE

  2. Il Documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro

Come già sottolineato un limite assai rilevante del PON 2011-2013 è stato quello di non avere fissato, per ciascuna azione programmata, o almeno per quelle di maggiore impatto, obiettivi misurabili attraverso predefiniti indicatori, che le Regioni avrebbero dovuto raggiungere.

Azione A1. Introdurre nel PON un sistema di indicatori delle performance a livello regionale

Per rimediare a tale grave carenza sarebbe stato necessario ed urgente aggiornare il PON per il triennio 2014-2016 dedicando un capitolo alla valutazione dello stato di attuazione del PON 2011-2013 nelle varie Regioni attraverso indicatori, derivabili dai data base amministrativi sanitari disponibili e da quelli dei Registri tumori, per poter misurare ed apprezzare le differenze tra le varie regioni sia per quel che riguarda la situazione epidemiologica, sia per quanto riguarda il livello di attuazione delle azioni previste dal PON 2011-2013.

La predetta analisi e le conseguenti valutazioni avrebbero fornito informazioni utili per individuare le aree di maggiore criticità per articolare proposte e azioni adeguate a rimuovere tali criticità rimodulando e fissando obiettivi quantitativi, misurabili attraverso specifici indicatori, e vincolanti per le Regioni. La nostra proposta prevede che l’insieme di questi indicatori e dei valori/obiettivo da raggiungere avrebbe potuto costituire la griglia per la valutazione delle regioni in tema di LEA di assistenza oncologica.

I programmi di screening oncologici, che sono un LEA, rappresentano un esempio riuscito di percorso di salute programmato e monitorato in tutte le fasi (dall’invito, all’esecuzione del test di base, agli eventuali approfondimenti e trattamenti) con indicatori e standard in una logica di benchmarking (www.osservatorionazionalescreening.it). Tali programmi hanno dimostrato, dove correttamente implementati, di ridurre fortemente gli effetti sulla salute delle disequità socio-economico. Questa esperienza può servire come modello organizzativo e valutativo per tutte le azioni che proponiamo. Purtroppo anche sulla diffusione di questi programmi si assiste a una disparità fra Centro Nord e Sud di Italia. Si richiede un impegno preciso dei responsabili Istituzionali sia a livello Nazionale che Regionale affinché tali differenze vengano velocemente colmate.

Azione A2. Attuare le reti assistenziali

Il modello assistenziale, già prospettato nel PON 2011-2013, e che andrebbe, ulteriormente, focalizzato nel nuovo PON, dovrà essere orientato allo sviluppo reale, e non propagandistico, delle reti assistenziali oncologiche e alla diffusa realizzazione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali orientati verso: la presa in carico globale dei pazienti e delle famiglie, la continuità assistenziale, cure appropriate, efficaci e tempestive, accompagnate da un adeguato sostegno psico-sociale. Questo modello assistenziale deve realizzarsi all’interno di strutturate reti assistenziali multidisciplinari e integrate tra ospedale e territorio; va individuato un numero limitato di strutture ospedaliere con adeguati requisiti tecnologici organizzativi e professionali in cui si concentrino i trattamenti dei pazienti neoplastici nella fase acuta.

Lo stesso Piano Sanitario Nazionale sottolinea come lo sviluppo e l’organizzazione delle reti assistenziali ospedale-territorio e dei processi assistenziali rappresentino un’adeguata risposta alla complessità dei bisogni assistenziali promuovendo: l’integrazione dei processi, una razionalizzazione delle reti di servizi sul territorio, la concentrazione di alcune funzioni gestionali in modo da permettere economie di scala e la condivisione di informazioni, dati e competenze al fine di promuovere processi di miglioramento continuo della qualità.

In particolare per i tumori rari, la cui organizzazione assistenziale si fonda nell’indirizzare tempestivamente i pazienti verso Centri di eccellenza o verso reti collaborative che li comprendano (così come evidenziato nel PON 2011-2013), è basilare che vengano attuati gli accordi sanciti dalla CSR del 22 novembre 2012 e successive per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale che comprendono la linea progettuale sulla promozione di una rete nazionale per i tumori rari.

Le reti assistenziali sanitarie rappresentano una modalità di riorganizzare il sistema delle cure nel settore delle malattie neoplastiche di organi solidi o del sangue e tessuto emopoietico secondo gli aspetti chiave dell’integrazione e della continuità, favorendo:

  • l’ottimizzazione delle risorse;
  • l’accessibilità alle strutture in funzione della complessità delle prestazioni;
  • la concentrazione della casistica di maggiore complessità in strutture dotate di adeguate competenze, tecnologie ed organizzazione e che assicurino adeguati volumi di casistica sufficienti ad assicurare le indispensabili garanzie di esperienza e competenza professionale per la sicurezza dei pazienti.

Come emerso dai dati del PNE nella realtà italiana questo obiettivo potrebbe considerarsi molto sfidante, visti i piccoli numeri che si registrano in alcune strutture.

L’obiettivo principale di tale modello è quello di garantire la tempestività nella presa in carico dei pazienti, adeguati livelli di cura e di continuità dell’assistenza, equità nelle condizioni di accesso e di fruizione, assicurando all’interno di ciascuna regione le migliori cure, limitando i fenomeni di mobilità sanitaria se non per le condizioni più complesse e rare.

Altri obiettivi di non secondaria importanza dell’organizzazione delle reti in campo oncologico ed ematologico sono:

  • garantire al paziente oncologico il miglior trattamento attraverso un percorso di cura multidisciplinare e multiprofessionale di continuità di cura ospedale-territorio, in tutto il territorio regionale, che risponda ai criteri dell’EBM (Evidence-Based-Medicine) secondo la metodologia HTA (Health Technology Assessment) e che a livello di ogni singola regione preveda l’identificazione dei centri clinici e delle strutture diagnostiche di eccellenza;
  • fornire un sistema informatico comune per la condivisione di strumenti e informazioni relative ai pazienti oncologici sia nel percorso ospedaliero che territoriale, attraverso lo sviluppo del sistema dei Registri Tumori dell’Associazione italiana registri tumori AIRTUM a tutto il territorio nazionale. La rete AIRTUM è riconosciuta nel Patto per la Salute 2014 come network di rilevante importanza, è qualificata a livello internazionale, già attiva per il 53% degli italiani, e utilizza quei flussi informativi amministrativi e sanitari che permettono di:
  • identificare i Centri di Eccellenza regionali per specifiche patologie oncologiche tenendo conto dei volumi minimi di attività a garanzia della sicurezza dei pazienti;
  • definire e condividere i Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) per i vari tipi di tumore e attivare sistemi di verifica e di indicatori per il monitoraggio dell’appropriatezza di percorsi di cura e del trattamento oncologico, orientati alla qualità e alla sicurezza del paziente;
  • identificare le strutture di riferimento a livello regionale o, se necessario a livello macroregionale, che svolgano funzioni di supporto diagnostico avanzato, come la tipizzazione a livello molecolare del tessuto neoplastico per la scelta più appropriata dei farmaci a bersaglio molecolare ad alto costo;
  • favorire e stimolare la partecipazione a programmi di ricerca e di sperimentazioni cliniche in oncologia;
  • definire percorsi di cura integrati per i malati oncologici anziani, in accordo a quanto previsto dal PON 2011-13;
  • facilitare l’adesione a programmi di continuità di cura sul territorio e la riabilitazione oncologica;
  • ottimizzare i costi per lo svolgimento dei PDTA individuando costi di riferimento per patologia;
  • sviluppare e monitorizzare l’attuazione di programmi di screening, diagnosi precoce per i vari tipi di tumore;
  • promuovere in collaborazione con altre Istituzioni, a partire dalla scuola, interventi di informazione e azioni tendenti a diffondere e favorire stili di vita corretti orientati a ridurre fino a eliminare comportamenti a rischio;
  • promuovere, in collaborazione con altre Istituzioni, iniziative miranti a ridurre e controllare i rischi ambientali.

Azione A3. Definire i Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali

I Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) sono strumenti che permettono di delineare, rispetto a una patologia o a un problema clinico, il miglior percorso praticabile all’interno della propria organizzazione favorendo l’equità di accesso alle cure.

I PDTA sono uno strumento tecnico-gestionale il cui standard è sempre in progressione e che si propone di garantire:

  • riproducibilità delle azioni;
  • uniformità delle prestazioni erogate;
  • riduzione dell’evento straordinario;
  • scambio di informazioni;
  • definizione dei ruoli.

Nel contempo consentono:

  • un costante adattamento alla realtà specifica;
  • una costante verifica degli aggiornamenti e dei miglioramenti.

Il PON 2011-2013 affronta il tema dell’ottimizzazione dei percorsi di cura e l’organizzazione della rete dei servizi attraverso l’integrazione dei servizi tra:

  • i Medici di Medicina Generale, che rivestono un ruolo chiave in tutte le fasi della malattia tumorale (dalla prevenzione, alla diagnosi, alla condivisione dell’approccio terapeutico e al follow-up);
  • l’assistenza specialistica ambulatoriale (a cui viene demandato il compito degli accertamenti diagnostici e le procedure terapeutiche e riabilitative che non richiedono trattamento ospedaliero);
  • gli ospedali che assicurano, in un’ottica multidisciplinare, gli approfondimenti diagnostici e le terapie garantendone efficacia, appropriatezza ed efficienza nell’utilizzo delle risorse.

Il coordinamento di tutte le azioni che intervengono nella diagnosi, cura e assistenza al malato oncologico, sia in ospedale che nel territorio, è un nodo cruciale ed irrinunciabile ai fini del raggiungimento di livelli standard di qualità, di corretta allocazione delle risorse e, requisito fondamentale, di equo accesso alle cure.

La rete dei Registri AIRTUM permette di monitorare i percorsi diagnostico-terapeutici e gli esiti dei pazienti.

Purtroppo, il numero di Regioni che ha definito PDTA oncologici formalizzati è ancora molto esiguo e, anche quando definiti, risultano inadeguati i sistemi capaci di monitorarne l’adesione.

Sarebbe stato auspicabile che il nuovo PON avesse indicato sia i “requisiti generali” dei PDTA, che ciascuna regione avrebbe contestualizzato nell’ambito del proprio sistema sanitario, sia gli indicatori per valutare l’adesione ai percorsi.

Sarebbe stato, inoltre, auspicabile che Ministero della Salute e Conferenza delle Regioni avessero fissato, alle Regioni, scadenze certe per l’attivazione dei PDTA con l’obbligo di includere, tra gli obiettivi dei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie, Ospedaliere, Universitarie e IRCCS, l’attuazione dei percorsi assistenziali oncologici.

Le considerazioni e le proposte avanzate nella sezione A del presente documento hanno sottolineato la necessità di un adeguamento urgente del PON orientato in maniera più incisiva, rispetto alla precedente edizione, verso risultati concreti di miglioramento, in tutte le Regioni, dell’accessibilità all’assistenza oncologica di buona qualità con l’intento di ridurre, gradualmente, le disparità che, allo stato, si evidenziano tra le varie aree geografiche del Paese.

Purtroppo siamo arrivati un po’ in ritardo. Infatti la Conferenza Stato-Regioni ha prorogato al 31 dicembre 2016 la validità del Documento 2011-2013 con l’integrazione di due documenti: “La guida per la costituzione delle reti oncologiche” e il “Documento per il buon uso delle risorse in oncologia” orientato a promuovere iniziative, regionali, per la valutazione di appropriatezza di alcune procedure/tecnologie in campo oncologico.

Malgrado il documento 2014-2016 non contenga le proposte avanzate del gruppo di lavoro “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” si ritiene che l’utile integrazione della “Guida per la costituzione delle reti oncologiche” venga incontro ad alcune delle proposte avanzate. Infatti la Guida, se ben gestita dal Ministero della Salute e dalle Regioni, potrà rappresentare un riferimento per la programmazione ed attuazione delle reti oncologiche regionali favorendone ed accelerandone l’attivazione. A tal fine appare utile che alcuni indicatori di attuazione della rete vengano inclusi nella griglia LEA per la valutazione degli adempimenti da parte delle Regioni.

In particolare, nell’articolo 2 della richiamata Intesa Stato – Regioni del 30 ottobre 2014 è sancito che l’attuazione delle reti oncologiche regionali dovrà essere specificamente monitorata dal Ministero della Salute sulla base di una proposta operativa predisposta dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali).

A tal riguardo si richiede al Ministero della Salute di sollecitare l’Agenas a presentare, entro il prossimo mese di giugno, la proposta operativa per il monitoraggio dell’attuazione delle reti oncologiche regionali corredata da specifici indicatori che riguardino anche l’attivazione dei PDTA.

Inoltre il gruppo di lavoro “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” chiede al Ministero della Salute di favorire la partecipazione di propri componenti, tecnici e rappresentanti delle Associazioni di pazienti, ai lavori dell’Agenas per la formulazione della proposta operativa per il monitoraggio dell’attuazione delle reti oncologiche regionali.

Infine in riferimento all’articolo 5 dell’intesa “Sostegno al contrasto del cancro” in cui si sancisce che il centro per la prevenzione delle malattie contribuisce al contrasto alle patologie tumorali prevedendo specifiche aree di intervento, all’interno dei propri programmi annuali si chiede di sollecitare detto Centro ad avviare già per il 2015 programmi di contrasto al cancro sul versante della prevenzione primaria dell’educazione e dell’informazione sanitaria.

Azione A4. Favorire l’equità di accesso ai farmaci innovativi 

Al fine di favorire l’accesso ai farmaci innovativi, in un logica di equità nazionale e di sostenibilità finanziaria, considerando che la certezza dei tempi delle decisioni appare condizione essenziale per l’esigibilità dei diritti, si propongono le seguenti azioni:

  • superamento della classe CNN che ha fra l’altro creato un’iniquità potenziale a sfavore delle regioni in piano di rientro;
  • impegno formale dell’AIFA affinché prenda comunque le sue decisioni entro un tempo massimo (ad esempio di 180 giorni), e in particolare rispetti il Decreto Legge 69/2013 del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che prevede un periodo massimo di 100 giorni per le procedure di immissione nel prontuario del SSN dei farmaci orfani e di eccezionale rilevanza terapeutica;
  • impegno formale da parte delle Regioni a definire gli inserimenti nei PTOR entro un tempo di 60 giorni;
  • inserimento automatico nei PTO/pTOR, per i farmaci riconosciuti orfani a livello EMA e per quelli di eccezionale rilevanza terapeutica;
  • proporre attraverso un atto legislativo – Decreto Ministeriale – l’inserimento nei LEA di prestazioni codificate per i portatori di condizioni a rischio di tipo familiare note alla comunità scientifica, come ad esempio l’esenzione per tutte le persone portatrici di mutazione genetica BRCA-1 e BRCA 2 germinale o somatica. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario chiarire a livello istituzionale la differenza tra diagnosi di malattia e condizione di rischio di malattia.
  1. Il programma Guadagnare salute

Il programma Guadagnare salute nel corso degli anni non è stato supportato da una visione strategica condivisa e non è noto il grado di successo delle indicazioni in esso contenute. È necessario a distanza di anni andare a verificare:

  1. i) il grado di raggiungimento degli obiettivi a suo tempo indicati;
  2. ii) la loro ricaduta a distanza di tempo.

Azione B1. Verificare lo stato di attuazione del programma Guadagnare salute

FATTORE RICHIESTA
ALIMENTAZIONE ·      quali obiettivi sono stati raggiunti in merito all’azione:

“Favorire il consumo di cibi salubri nella ristorazione collettiva

(scuole, ospedali, mense aziendali)”

·     quali obiettivi sono stati raggiunti in merito all’azione:

“Sviluppare politiche agricole adeguate”

·     quali obiettivi sono stati raggiunti in merito all’azione:

“Educare al consumo consapevole”

·     quali obiettivi sono stati raggiunti in merito all’azione:

“Facilitare la lettura delle etichette”

ATTIVITÀ FISICA ·     quali obiettivi sono stati raggiunti in merito all’azione:

“Favorire l’attività fisica per gli anziani”

FUMO ·     quali obiettivi sono stati raggiunti in merito all’azione:

“Aiutare i fumatori a smettere”

ALCOOL ·     quali obiettivi sono stati raggiunti in merito all’azione:

“Rafforzare gli interventi di prevenzione primaria

e secondaria nella medicina di base”

 

Azione B2. Aggiornare il programma Guadagnare salute

Sarebbe inoltre importante che si procedesse a un aggiornamento del programma, sempre considerando come requisiti basilari che esso sia fondato sulla comunicazione e che possa coinvolgere tutti i settori della società. Un programma aggiornato che preveda strumenti di valutazione degli esiti nel tempo e consideri le evidenze degli anni più recenti che mostrano come i fattori di protezione dal rischio di malattia siano anche fattori di prognosi per chi si è ammalato[15].

Accanto a questo è necessario integrare questo programma nelle iniziative previste dalla Framework Convention on Tobacco Control proposta dal World Health Organization (WHO) ormai da 10 anni e a cui l’Italia ha dato la sua adesione per ridurre sensibilmente il tabagismo e le sue conseguenze sulla salute delle popolazioni. In particolare si richiama la necessità di un aumento significativo del prezzo delle sigarette che finanzi azioni di prevenzione; l’ampliamento delle zone in cui è proibito fumare anche all’aperto per motivi educativi e di protezione dal fumo passivo (oltre alle scuole, i cortili e gli spazi esterni delle università, degli ospedali, negli stadi e nei centri sportivi) e infine studiare l’adozione di pacchetti di sigarette standardizzati come in Australia, in Irlanda e prossimamente in Gran Bretagna come strumento di controllo del marketing del tabacco.

BIBLIOGRAFIA

  1. AIOM, AIRTUM. I numeri del cancro in Italia 2014. http://www.registri-tumori.it/PDF/AIOM2014/I_numeri_del_cancro_2014.pdf
  2. AIRTUM Working Group. I tumori in Italia – Rapporto 2014. Prevalenza e guarigione da tumore in Italia. In Press
  3. Health for all database. http://www.istat.it/it/archivio/14562
  4. Sullivan R, et al. Delivering affordable cancer care in high-income countries. Lancet Oncology 2011;12;933-8
  5. Baili P, e al. Survival for all cancer patients diagnosed between 1999 and 2007 in Europe: results of EUROCARE-5, a population-based study. European Journal of Cancer 2015. Accepted for pubblication.
  6. AIRTUM Working Group. I tumori in Italia – Rapporto 2011. La sopravvivenza dei pazienti oncologici in Italia. http://www.registri-tumori.it/PDF/AIRTUM2011/146_sopr_schede.pdf
  7. De Angelis R, et al. Cancer survival in Europe 1999-2007 by country and age: results of EUROCARE–5-a population-based study. Lancet Oncol 2014;15(1):23-34
  8. Database DEMO. http://demo.istat.it/
  9. Peto R. The fraction of cancer attributable to lifestyle and environmental factors in the UK in 2010. Br J Cancer 105: S1-S1
  10. The carcinogenicity of outdoor air pollution Dana Loomis, Yann Grosse, Béatrice Lauby-Secretan, Fatiha El Ghissassi, Véronique Bouvard, Lamia Benbrahim-Tallaa, and others The Lancet Oncology, Vol. 14, No. 13, p1262–1263Published online: October 24, 2013
  11. Monografia IARC 109 (a seguito dello studio ESCAPE) Citato anche in Epid e Prev. 17/10/2013
  12. http://monographs.iarc.fr/ENG/Monographs/PDFs/index.php Monografie IARC 75 (2000), 80 (2002), 100D (2012), 102 (2013))
  13. Papillomavirus- Monografia IARC 90/2007, Epstein-Barr virus Monografia IARC 70/1997,ecc.
  14. Studio Sentieri, Epid&Prev. Anno 38 (2) marzo-aprile 2014, Suppl. 1
  15. World Cancer Research Fund / American Institute for Cancer Research. Food, Nutrition, Physical Activity, and the Prevention of Cancer: a Global Perspective. Washington DC: AICR, 2007